domenica 18 dicembre 2011

correzioni delle simulate di metodologia della ricerca psicologica e di psicologia dinamica

Spero che entro la prossima settinana riesca a correggere i compiti delle 2 simulate ( metodologia della ricerca psicologogica e psicologia dinamica ) e inserire i risultati statistici del questionario di grandimento del tutoraggio che vi ho somministrato, cosi come altri dati statistici relativi al tutoraggio!!!.
Tenete d'occhio questo blog, che di sicuro entro il 25 li avrò corretti!
poi ci si vede a gennaio 2012 per la correzzione e restituzione.


I rischi mentali della «generazione-Facebook»

I rischi mentali della «generazione-Facebook»

I bambini che stanno crescendo nell’età del “social networking” potrebbero avere “un danno” nella loro visione del mondo. È questa la denuncia dello psichiatra Himanshu Tyagi fatta durante il convegno annuale del Royal College of Psychiatrists. Il dottor Tyagi ha evidenziato come i ragazzi nati dopo il 1990 non conoscono un mondo senza l’onnicompresivo uso di internet. E ha ricordato come l’attuale generazione di psichiatri non è detto sia del tutto preparata ad aiutare giovani con problemi di relazione dipendenti da internet.
I siti di “social networking” offrono grandi benefici relazionali, ma rimangono potenzialmente un azzardo. “È un mondo dove tutto si muove velocemente e cambia con rapidità – ha proseguito Tyagi – dove le relazioni sono a portata di un click del mouse, dove puoi cancellare il tuo profilo se non ti piace e scambiare, in assoluta segretezza, un’identità non gradita con una più favorevole. Le persone che usano il passo veloce della socializzazione online può rendere il mondo reale noioso e privo di stimoli”.
Di tutt’altro avviso è Graham Jones, uno psichiatra con interessi scientifici sull’impatto di internet nella vita dei ragazzi. Per il dottor Jones, è vero che un ricorso eccessivo dei siti di social networking potrebbe creare problemi; i rischi evidenziati da Tyagi sembrano però essere eccessivi. “Per ogni nuova generazione – argomenta Jones – l’esperienza che si ha del mondo è differente. Quando fu inventata per la prima volta la stampa, sono sicuro che molte persone ritenevano fosse una cosa negativa. Nella mia esperienza, le persone che sono più attive su siti come Facebook o Bebo sono quello che lo sono anche normalmente – si tratta solo di un’estensione di ciò che fanno già”.

sabato 17 dicembre 2011

generazione «né-né».

Generazione «né-né»: settecentomila giovani «inattivi convinti»

Hanno da 15 a 35 anni: niente lavoro, niente studio

MILANO — «Mi chiamo Maria Elena Crespi, Malena per i miei quattro amici, ho 23 anni, vivo alle porte di Milano, non studio e non lavoro. Provo vergogna per questo? Io no». Malena è un nome e cognome, un viso acqua e sapone, e una storia di disillusioni e non impegno convinto che gli spagnoli catalogano sotto l'insegna Generación «ni-ni»: ni estudia ni trabaja: generazione «né» studio «né» lavoro. Adolescenti e giovani. Spagnoli e italiani, inglesi e americani. Tanti. Sempre di più. Anche se non la maggioranza. In Italia il fenomeno non ha un'etichetta, non ancora, ma sociologi e psicologi lo conoscono bene. E i dati inediti del Rapporto Giovani 2008, elaborati dal Dipartimento di Studi sociali, economici, attuariali e demografici della Sapienza di Roma per conto del ministro della Gioventù Gorgia Meloni, sembrano certificarlo. Ancor più quando vengono incrociati con le anticipazioni dell'indagine Istat sulla Forza lavoro 2008. Nella fascia di età tra i 15 e i 19 anni ci sono 270 mila ragazzi che non studiano e non lavorano (il 9%): la maggior parte perché un lavoro non lo trova; 50 mila perché della loro inattività ne fanno una scelta; 11 mila, poi, proprio perché di lavorare o studiare non ne vogliono sapere («non mi interessa», «non ne ho bisogno»).

Stessa tendenza nei dati relativi ai giovani tra i 25 e 35 anni: un milione e 900 non studia e non lavora. Vale a dire: quasi uno su quattro (il 25%). Un milione e 200 mila di questi gravitano nella disoccupazione (ma tra loro c'è chi dice di non cercare bene perché è «scoraggiato» o perché «tanto il lavoro non c'è»). Settecentomila sono invece gli «inattivi convinti»: non cercano un lavoro e non sono disposti a cercarlo. È stato calcolato che se avessimo tassi occupazionali pari a quelli dei Paesi bassi (capolista nella classifica Ue, 81,3% nella fascia d'età tra i 15 e i 39 anni), il nostro Pil guadagnerebbe 1-2 punti in percentuale. Ma il fenomeno «né-né» è qualcosa che va oltre i numeri. In Spagna, dice una recente indagine di Metroscopia pubblicata su El País in occasione del battesimo massmediatico della Generación «ni-ni», il 54% dei giovani tra i 18 e i 35 anni dichiara di «non avere un progetto su cui riversare il proprio interesse o le proprie illusioni».
Il leitmotiv: «Lo studio? tempo perso, non mi apre le porte al futuro. Il lavoro? Non lo cerco perché tanto non lo trovo». E la crisi sembra aver accentuato la rinuncia a qualsiasi impegno. Soddisfatti della loro vita privata (lo è l'80%), i giovani spagnoli si sentono in preda a una «devastazione lavorativa». E anche chi alla fine sceglie di studiare, lo fa senza prospettive. «Appena si rendono conto di cosa li aspetta continuano a formarsi, viaggiano, lavorano magari come camerieri per pagarsi un master mentre mamma e papà a casa li aspettano». Stesse tonalità per la fotografia scattata ai giovani «né-né» nostrani: coccolati dalla società e iperprotetti in famiglia come i «bamboccioni» ma troppo consapevoli delle loro scelte per finire sotto l'etichetta; apatici e un po' disarmati come i figli della «generazione x» ma anagraficamente troppo giovani per essere loro apparentati; circondati da fratelli e amici icona della «generazione mille euro» ma troppo disillusi per provare a loro volta a infilarsi, prima o dopo, nella stessa realtà. «Non lavorano perché la famiglia li mantiene e un impiego non si trova; non studiano o studiano meno di una volta per i programmi più leggeri, la mancanza di selezione», dice la psicoterapeuta Anna Oliverio Ferraris. «Se poi il modello è quello alla Grande Fratello (basta andare in tv per guadagnare) passa il concetto che per riuscire non serve impegnarsi. E ci si lascia vivere fino a 30 anni senza un progetto. Le motivazioni, invece, si coltivano fin dall'infanzia. Insieme al concetto che la realtà è anche lotta e sacrificio. E per questo è bella».
Malena, nella sua stanza tappezzata di libri, annuisce: «Vero. Ma io lotto per quello che va a me. E per ora sto bene così. Forse un po' meno i miei genitori, la mia vecchia prof di lettere che ha sempre visto per me un futuro "promettente" (che parolaccia). E forse anche la società che non accetta quelli che cercano una strada diversa dai mille e 120 euro al mese di mia sorella laureata-dottorata». «Ci fosse però quella strada — aggiunge Daniele, dietro un nome di fantasia — me l'hanno rubata. Mio fratello ha fatto di tutto per fare contento il mondo e s'è trovato senza un lavoro e senza se stesso. Io a me non rinuncio, ma così sto male». Enrico B., 26 anni, non studia, non lavora, ma ha una compagna e un figlioletto a cui badare: «Il mio lavoro? Per mesi è stato cercare un lavoro. Adesso prendo quello che viene». E al bimbo chi pensa? «Mia madre e mio padre. Per ora viviamo con loro, poi si vedrà».

Un momento di  «Flashmob» a Milano: la battaglia a colpi di cuscino fra giovani (archivio Corriere)
Un momento di «Flashmob» a Milano: la battaglia a colpi di cuscino fra giovani (archivio Corriere)

martedì 13 dicembre 2011

Rimedio anti stress? Picchiare conigli.

Rimedio anti stress? Picchiare conigli.

Pugni e calci agli animali virtuali nel videogame 'Rabbids – Fuori di schermo'

Come combattere il logorio della vita moderna? Prendendo a calci e pugni i conigli virtuali piu’ irriverenti del mondo. A proporre questo originale rimedio anti stress e' il videogico 'Rabbids – Fuori di schermo'.

L'idea e' di dare sfogo all' aggressivita' repressa giocando, da soli o in compagnia, dimenando braccia e gambe contro conigli indisponenti, odiosi, antipatici e in alcuni casi cattivi. Ad ogni cattiveria o fastidio creato dai piccoli coniglietti, il soggetto potra’ reagire sferrando calci, pugni, schiaffi che avranno la loro reazione in maniera simultanea all’interno dello schermo.
“Lo stress e’ un disagio che si manifesta nella stragrande maggioranza degli italiani, sia uomini sia donne, in tutte le eta’ e in tutte le stratificazioni sociali – afferma Mariolina Palumbo, psicoterapeuta e responsabile del primo Centro di psicologia contemporanea che affronta anche disturbi legati al forte stress - . La tecnologia, puo’ rivelarsi uno strumento di primaria importanza anche per combattere lo stress e favorire un sano movimento liberatorio. Una sorta di ‘Bang- Bang therapy’, prendendo spunto dal linguaggio dei fumetti, con cui liberarsi dalle ansie e dalla rabbia e recuperare il benessere, il tutto divertendosi. Il rimedio che considero piu’ funzionale, infatti, e’ quello di scaricare le energie negative attraverso sessioni di attivita’ fisica, anche sopra le righe, meglio se fatte insieme ad amici e parenti, in modo da unire anche l’aspetto socializzante e aumentare gli effetti di benessere psicofisico”.
Una rivoluzione video-psico-ludica realizzata grazie al coinvolgimento di esperti di varie discipline, che ha generato cio’ che puo’ definirsi come la prima vera applicazione di “Bang-Bang Therapy”.
Il gioco, creato da Ubisoft, colosso mondiale del Digital Entertainment, si basa sul sacrificio di piccoli coniglietti che all’apparenza sembrano dolcissimi ma che manderebbero ‘fuori di testa’ anche il piu’ grande esperto di meditazione trascendentale. Ma cio’ che colpisce e’ che a dispetto della loro simpatica cattiveria, gli irrefrenabili coniglietti sono amati gia’ da milioni di fan in ogni angolo del pianeta (i loro videogiochi hanno venduto ben 8 milioni di copie) e in rete sono un vero e proprio fenomeno tanto da potersi considerare, secondo qualcuno, gli eredi dei Simpson.
Dal 2013 i Rabbids approderanno anche in televisione, con una serie animata, annunciata dallo stesso colosso dell’intrattenimento digitale, che invadera’ gli schermi mondiali grazie ad un accordo con Nickelodeon.

domenica 4 dicembre 2011

7 dicembre: presentazione di “C’era una volta la città dei matti”

7 dicembre: presentazione di “C’era una volta la città dei matti”
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mercoledì, 7 dicembre 2011, ore 19.00
Più libri più liberi – 10ª Fiera nazionale della piccola e media editoria
Roma EUR Palazzo dei Congressi – Sala Smeraldo
Elena Bucaccio, Katja Colja, Alessandro Sermoneta, Marco Turco
C’era una volta la città dei matti
Un film di Marco Turco – dal soggetto alla realizzazione con interventi di Fabrizio Gifuni e Vittoria Puccini
Edizione e note a cura di Barbara Grubissa
Il libro ripercorre la lavorazione del film tv C’era una volta la città dei matti, trasmesso nel 2010 da RAI UNO con un grande, e per certi versi sorprendente, successo di ascolti.
Un’appassionata narrazione delle storie individuali di pazienti, amministratori, operatori, un grande racconto collettivo che vede sulla scena più di cento personaggi
A partire dalla difficile e impensabile apertura delle porte del manicomio di Gorizia e di Trieste, viene narrata l’origine di un cambiamento epocale nel modo stesso di intendere la salute mentale che ancora oggi provoca e fa discutere.
Il libro di uno dei più grandi successi TV del 2010.
Tutti i retroscena, dall’idea alla sua realizzazione e infine, allegato in DVD, il film
su licenza esclusiva Rai – Radiotelevisione Italiana S.p.A
con
  • Marco Turco, regista e coautore del volume
  • Elena Bucaccio e Alessandro Sermoneta, coautori del volume
  • Fabrizio Gifuni, attore e coautore del libro
  • Peppe Dell’Acqua, direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste e direttore della collana “180 – Archivio critico della salute mentale”
introduce: Massimo Cirri
intervengono: Maria Grazia Giannicchedda, Fondazione Franca e Franco Basaglia, Roberto Sarti, regista
Edizioni alphabeta Verlag – piazza della Rena 2 Sandplatz
39012 Merano | Meran
Tel. 0473 210650
www.alphabeta.it
toni colleselli | +39 348 7238906

Dpositato al Senato DDL per chiusura OPG

Marino: depositato al Senato DDL per chiusura OPG


(ASCA) – Roma, 2 dic – ”Abbiamo depositato al Senato un disegno di legge che indica la data del 31 marzo 2012 per la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari. La Commissione ha agito compatta: la proposta infatti e’ stata firmata da tutti i senatori commissari, dal centro sinistra al Pdl alla Lega Nord; sulla necessita’ e l’urgenza di arrivare a una risoluzione definitiva non ci sono divisioni politiche”. Cosi’ Ignazio Marino, senatore del Pd e presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale, dopo aver depositato il disegno di legge n. 3036 ”Disposizioni per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari e per la razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse del Servizio sanitario nazionale e dell’Amministrazione penitenziaria”.
”Un atto forte da parte del Governo puo’ mettere fine a questa ferita drammatica per il nostro paese – aggiunge Marino – auspichiamo che il contenuto del nostro disegno di legge sia assorbito dall’esecutivo in uno dei prossimi decreti, per dargli immediata operativita’. Viviamo senza dubbio un momento drammatico. Il punto centrale dell’emergenza e’ evidentemente la questione economica, ma non per questo a mio avviso possiamo rinunciare alle battaglie di civilta’. Non possiamo accettare che nel nostro paese esistano tragedie di serie B”.