lunedì 31 ottobre 2011

OPG

OPG, acronimo di Ospedale Psichiatrico Giudiziario e che detta in soldoni è il manicomio criminale. In Italia i manicomi criminali esistono dall’800, gli OPG risalgono al 1975 e dopo la legge 180, questi costituiranno l’unica struttura nata per la diagnosi e la cura sia degli ex degenti manicomiali sia dei nuovi utenti psichiatrici. A oggi gli OPG in Italia sono sei e ricoprono il territorio da nord a sud, ma la loro funzione non è chiara, poiché svolgono sia il ruolo di ospedale sia di carcere; tale situazione ibrida si ripercuote come sempre sugli utenti e sull’organizzazione delle strutture stesse che non hanno un ruolo ben definito e di conseguenza un piano da attuare.

Chi popola gli OPG?
Gli utenti degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari sono i  prosciolti per vizio totale di mente, gli imputati colpiti da malattia mentale durante giudizio, gli  imputati sottoposti a perizia psichiatrica e  i condannati con vizio totale o parziale di mente.  Possono rientrare nella categoria di possibili ospiti degli OPG anche gli schizofrenici, gli etilisti con deterioramento  e coloro che hanno  disturbi di personalità  e insufficienza mentale con disturbo psicotico. Cosa significa tutto questo, chi sono costoro?
Farò di seguito una digressione giuridica e psichiatrica per rendere comprensibile anche al lettore meno avvezzo all’argomento ciò che risulta ostico e ambiguo anche a noi addetti ai lavori.
 L’articolo 88 del nostro codice penale recita quanto segue: vizio totale di mente: non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere.
Cosa significa capacità di intendere e di volere? L’articolo 85 del codice penale afferma: nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso non era imputabile. E’ imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere. L’imputabilità nel diritto penale è la condizione sufficiente ad attribuire a un soggetto l’azione penale e a mettere in conto le conseguenze giuridiche, ad essa è correlata la capacità del soggetto di intendere e volere nel momento in cui sta commettendo il reato. Imputabilità e capacità di intendere e volere a loro volta sono connesse con il concetto di responsabilità e ancora una volta faccio ricorso al diritto penale. L’articolo 42 del codice penale asserisce: nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà.
Il vizio parziale di mente è riconducibile all’articolo 89 del codice penale  che descrive tale condizione come quanto segue :chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere, risponde del reato commesso, ma la pena è diminuita.
La perizia psichiatrica consiste in un resoconto redatto da un consulente psichiatra al quale viene richiesto, nell'ambito di un processo penale, di appurare la capacità di intendere e di volere dell'imputato, o la sua capacità di sostenere il processo, o ancora il suo stato di salute psichica. La perizia psichiatrica è destinata a tutti i soggetti nei confronti dei quali sorgono dubbi, durante un procedimento giuridico, sulla presenza o meno di una psicopatologia. Il giudice, in questi casi,  può servirsi della perizia di uno psichiatra che valuterà la capacità dell’imputato. Qualora la perizia psichiatrica rilevi infermità psichica il giudice ordinerà il ricovero in un Ospedale Psichiatrico Giudiziario per un tempo non inferiore a due anni. Ciò è riferibile all’articolo 222 del codice penale il quale propone: Ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario. Nel caso di proscioglimento per infermità psichica, ovvero per intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per sordomutismo, è sempre ordinato il ricovero dell’imputato in un ospedale psichiatrico giudiziario per un tempo non inferiore a due anni; salvo che si tratti di contravvenzioni o di delitti colposi o di altri delitti per i quali la legge stabilisce la pena pecuniaria o la reclusione per un tempo non superiore nel massimo a due anni, nei quali casi la sentenza di proscioglimento è comunicata all’autorità di pubblica sicurezza. La durata minima del ricovero nel ospedale psichiatrico giudiziario è di dieci anni, se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena di morte o l’ergastolo, ovvero di cinque se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena della reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a dieci anni. Nel caso in cui la persona ricoverata in un ospedale psichiatrico giudiziario debba scontare una pena restrittiva della libertà personale, l’esecuzione di questa è differita fino a che perduri il ricovero nell’ospedale psichiatrico . Le disposizioni di questo articolo si applicano anche ai minori degli anni quattordici o maggiori dei quattordici e minori dei diciotto, prosciolti per ragione di età, quando abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato, trovandosi in alcuna delle condizioni indicate nella prima parte dell’articolo stesso. La Corte costituzionale, con sentenza 27 luglio 1982, n. 139, la Corte cost. ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non subordinano il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario dell’imputato prosciolto per infermità psichica al previo accertamento da parte del giudice della cognizione o della esecuzione della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima al tempo dell’applicazione della misura. La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l’ergastolo.
La schizofrenia è una malattia mentale che si manifesta con deterioramento progressivo della personalità, con tendenza a estraniarsi dalla realtà, con deliri e allucinazioni. L’etilismo altro non è che l’alcolismo e il disturbo psicotico consiste nel distacco da parte di un soggetto dalla realtà e dall’ambiente circostante. Il soggetto in questione trova difficoltà a iniziare o portare a termine una qualsiasi attività dovuta a una compromissione dell’esame della realtà. 
Bisogna infine tener conto della pericolosità sociale di un individuo, questa è la probabilità, indipendentemente dalla capacità di intendere e di volere di un soggetto, di commettere nuovamente il reato per il quale è stato perseguito.
Medici, consulenti psichiatrici, agenti di polizia penitenziaria, educatori, psicologi a consulenza e assistenti sociali ne costituiscono il personale lavorativo.

Le realtà degli utenti  OPG sono angoscianti e dolorose ed è difficile che questi siano recuperati e rimessi in libertà; c’è da dire inoltre, che è molto semplice rientrare nella categoria di utente di OPG, è sufficiente, infatti, macchiarsi di un reato lieve.  Negli OPG italiani, attualmente si annoverano 1200 utenti, i quali sono soggetti con disturbo psichiatrico che hanno commesso dei reati in casa, non di forte entità.  Le famiglie,  non riuscendo a  gestire tali soggetti, fan si che questi  entrino nel vortice della detenzione, che il più delle volte è reiterata non per comportamento deviante, ma per mancanza di strutture di accoglienza. Tali pazienti, essendo rifiutati dalle famiglie e mancando strutture alternative, continuano la loro vita negli OPG.
Un po’ di storia
Per  comprendere al meglio tale situazione è doveroso fare un passo indietro e ricalcare le pagine della nostra storia giuridica che può, seppur in minima parte, renderci chiaro, o almeno noto, il perché di tanta confusione. Nel momento in cui fu emanata la legge 180, questa non riguardava gli OPG, tuttavia in Italia c’era il pericolo di un referendum che avrebbe determinato un vuoto legislativo che l’ Italia non poteva permettersi.
La legge 180 riguarda la presa in carico degli utenti psichiatrici, non fa cenno agli OPG, ma da una generale riforma dei servizi sanitari nazionali del 78 furono estrapolati gli articoli della legge 180 per impedire che un referendum abrogasse il tutto. Il referendum era previsto per giugno, la legge 180 fu approvata in maggio, ma per quanto fosse sulla carta un elemento di tutto rispetto per la natura della riforma che chiedeva in se, nella pratica questa non fu mai e tuttora non lo è, messa in atto. Bisogna ricordare inoltre, l’esistenza di una legge in parlamento che avrebbe permesso la confluenza degli OPG nel sistema sanitario e non in quello penitenziario del Ministero di Grazia e Giustizia e che avrebbe potuto usufruire dei benefici, della legge 180, già al 1974; ciò non è stato e soprattutto la legge 180 non ha avuto la giusta rilevanza e messa in pratica. Gli OPG,infatti, fanno capo ancora al Codice Rocco del 1930, periodo in cui la malattia mentale era ancora vista come un qualcosa di incurabile, di oscuro e da allontanare dalla società, tutto ciò era maggiormente acutizzato e reso infernale se il soggetto malato commetteva un reato. In quel caso alla infermità si accompagnava  il reato di pericolosità sociale previsto dall’articolo 203 del nostro codice penale:  è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti previsti come reati, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati. Tutto questo groviglio piano piano lo si sta superando grazie alle migliori conoscenze che riguardano la malattia mentale, al reo infermo non è più legato in automatico il concetto di pericolosità sociale e soprattutto grazie alle cure farmaceutiche si possono fare tante cose e soprattutto reinserire il soggetto nella società. La strada ovviamente è ancora molto lunga, basti pensare a quanto la legge 180 trovi difficoltà per la sua messa in pratica, figuriamoci per un soggetto malato e reo. Il concetto di vizio di mente sta subendo anch’esso la sua riduzione, la difficoltà italiana è quella di mantenere ancora il soggetto che ha commesso un reato ed è incapace di intendere e di volere nelle briglie della giustizia e non in quello della sanità, avendo appunto ancora l’OPG come referente il Ministero di Grazia e Giustizia e non quello della Sanità, sebbene sia stato emanato un DPCM, Decreto del Presidente del Consiglio in cui si promulga”il trasferimento delle competenze sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse e delle attrezzature e dei beni strumentali” dalla Sanità Penitenziaria al Servizio Sanitario nazionale. Lasciando al DAP, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria e alla Magistratura la competenza di sicurezza. Di questo e della sua mancata applicazione vi parlerò al nostro prossimo incontro. Oggi ho la fortuna di interagire con questi utenti e posso evidenziare con molto disappunto quanto la società in cui viviamo releghi costoro a non più di un elemento di disturbo e di disagio. Ci sono ancora degli enormi impedimenti che permettono loro il reinserimento in società, ciò che fa ancora più male è osservare quanto spesso l’impedimento derivi dagli addetti ai lavori che si lasciano influenzare dal giudizio e dal timore. E’ ampiamente risaputo che l’utente psichiatrico apra le nostre parti oscure, sia il riflesso di quanto ognuno di noi vorrebbe celare a se stesso, tuttavia l’auspicio è che possa esserci ben presto una ventata di buon senso che apra le nostre menti e ci permetta di ridare a tali soggetti la dignità di una vita migliore. 

domenica 30 ottobre 2011

Psicologia della Gestalt

Psicologia della GestaltLa psicologia della Gestalt (dove la parola tedesca Gestalt significa forma, schema, rappresentazione), detta anche psicologia della forma, è una corrente psicologica riguardante la percezione e l'esperienza che nacque e si sviluppò agli inizi del XX secolo in Germania (nel periodo tra gli anni '10 e gli anni '30), per poi proseguire la sua articolazione negli USA, dove i suoi principali esponenti si erano trasferiti nel periodo delle persecuzioni naziste.
Storia La parola Gestalt fu usata per la prima volta, come termine tecnico, da Ernst Mach; in seguito Edmund Husserl e Christian von Ehrenfels ripresero il termine da Mach nelle loro teorie psicologiche a fondamento filosofico.
Fondatori della psicologia della Gestalt sono di solito considerati Kurt Koffka, Wolfgang Köhler e Max Wertheimer che sono stati certamente i principali promotori e teorizzatori scientifici di questa corrente di ricerca in Psicologia. I loro studi psicologici si focalizzarono soprattutto sugli aspetti percettivi e del ragionamento/problem-solving. La Gestalt contribuì a sviluppare le indagini sull'apprendimento, sulla memoria, sul pensiero, sulla psicologia sociale.
L'idea portante dei fondatori della psicologia della Gestalt, che il tutto fosse diverso dalla somma delle singole parti, in qualche modo si opponeva al modello dello strutturalismo, diffusosi dalla fine dell'Ottocento, ed ai suoi principi fondamentali, quali l'elementarismo.
Le teorie della Gestalt, si rivelarono altamente innovative, in quanto rintracciarono le basi del comportamento, nel modo in cui viene percepita la realtà, anziché per quella che è realmente; quindi il primo pilastro della teoria della Gestalt fu costruito sullo studio dei processi percettivi e in una percezione immediata del mondo fenomenico.
Il modello teorico della Gestalt riguardante il pensiero si oppose a quello comportamentista, secondo il quale gli animali risolvevano le problematiche con un criterio costituito da tentativi ed errori, proponendo invece un criterio di spiegazione formato dal pensiero, dalla comprensione e dalla intuizione.
Anche nel settore della psicologia sociale le teorie della Gestalt entrarono in conflitto con quelle comportamentiste, che prevedevano di spiegare il comportamento sociale solo in base alle gratificazioni sociali, quali l'elogio e l'approvazione, e proposero invece la teoria dell'attribuzione che metteva in risalto le sensazioni, le percezioni, gli obiettivi, le intenzioni, le convinzioni, le motivazioni e le credenze
Successivamente, importanti studi furono condotti da Lewin con la teoria del campo e Goldstein con una teoria della personalità secondo la quale l'intero organismo partecipa al comportamento.
In seguito a partire dagli anni '60, la Gestalt soffrì per alcuni decenni della sua difficoltà a misurarsi con l'avanzato metodo sperimentale e gli approcci psicometrici utilizzabili dal nascente movimento cognitivista, ed il suo modello di teoria della mente si dimostrò meno euristico di quello del cognitivismo in tutti i settori che non fossero legati alla psicologia della percezione. Solo in quest'ultimo ambito, per via di alcune difficoltà a spiegare alcuni fenomeni percettivi in un'ottica strettamente cognitivista, la Gestalt ha recuperato un limitato interesse alla fine del XX secolo. Interessante appare infatti l'attenzione agli aspetti fenomenici della percezione, che il cognitivismo ha in parte trascurato nel suo programma di ricerca. Anche se teorie sui campi elettrici del cervello hanno perso, col passare degli anni, la considerazione da parte dei fisiologi.
Elementi teorici Per la psicologia della Gestalt non è giusto dividere l'esperienza umana nelle sue componenti elementari e occorre invece considerare l'intero come fenomeno sovraordinato rispetto alla somma dei suoi componenti: "L'insieme è più della somma delle sue parti" (posizione del molarismo epistemologico o emergentismo) allo stesso modo in cui le caratteristiche di una società non corrispondono a quelle degli individui che la costituiscono. Quello che noi siamo e sentiamo, il nostro stesso comportamento, sono il risultato di una complessa organizzazione che guida anche i nostri processi di pensiero. La stessa percezione non è preceduta dalla sensazione ma è un processo immediato - influenzato dalle passate esperienze solo in quanto queste sono lo sfondo dell'esperienza attuale - che deriva dalla Gestalt, come combinazione delle diverse componenti di un'esperienza reale-attuale. La capacità di percepire un oggetto quindi deve essere rintracciata in una organizzazione presieduta dal sistema nervoso e non ad una banale immagine focalizzata dalla retina.
Per comprendere il mondo circostante si tende a identificarvi forme secondo schemi che ci sembrano adatti - scelti per imitazione, apprendimento e condivisione - e attraverso simili processi si organizzano sia la percezione che il pensiero e la sensazione; ciò avviene di solito del tutto inconsapevolmente.
Con particolare riferimento alle percezioni visive, le regole principali di organizzazione dei dati percepiti sono:
  1. buona forma (la struttura percepita è sempre la più semplice);
  2. prossimità (gli elementi sono raggruppati in funzione delle distanze);
  3. somiglianza (tendenza a raggruppare gli elementi simili);
  4. buona continuità (tutti gli elementi sono percepiti come appartenenti ad un insieme coerente e continuo);
  5. destino comune (se gli elementi sono in movimento, vengono raggruppati quelli con uno spostamento coerente);
  6. figura-sfondo (tutte le parti di una zona si possono interpretare sia come oggetto sia come sfondo);
  7. movimento indotto (uno schema di riferimento formato da alcune strutture che consente la percezione degli oggetti);
  8. pregnanza (nel caso gli stimoli siano ambigui, la percezione sarà buona in base alle informazioni prese dalla retina).
Queste regole sono utili per spiegare diverse illusioni ottiche.
La Gestalt in Italia Tra gli studiosi italiani della Teoria della Gestalt sono da ricordare almeno Fabio Metelli, per studi nel campo della percezione visiva, ed in tempi recenti Gaetano Kanizsa, dei cui studi è particolarmente noto il fenomeno percettivo detto Triangolo di Kanizsa. Altri autori di rilievo, che hanno contribuito a diffondere lo studio della Teoria della Gestalt nelle università italiane, sono Paolo Bozzi e Giovanni Bruno Vicario. Alla diffusione della Gestalt in Italia contribuì anche Cesare Musatti, comunque più noto per il suo impegno di psicoanalista. Nino Di Salvatore (fondatore della Scuola Politecnica di Design di Milano nel 1954) effettuò studi di Scienza della Visione.
La psicologia della Gestalt, per via dell'influenza e delle tradizioni di ricerca avviate da questi grandi maestri, rappresentò uno di principali programmi di lavoro della psicologia sperimentale italiana tra gli anni '50 ed i primi anni '80, prima di essere progressivamente sostituita dal cognitivismo.
Comunicazione GestalticaIn alcune comunità scientifiche, come il cognitivismo e neuroscienze computazionali, le teorie della percezione della Gestalt sono criticate per essere descrittive piuttosto che esplicative della natura. Per questa ragione, esse sono viste da alcuni come ridondanti o disinformative. Per esempio, Bruce, Green & Georgeson concludono nel seguente modo, per quanto riguarda l'influenza della teoria della Gestalt nello studio della percezione visiva:
"La teoria fisiologica dei gestaltisti è caduta per strada, lasciandoci con una serie di principi descrittivi, ma senza un modello di trasformazione percettiva. In effetti, alcune delle loro "leggi" di organizzazione percettiva suonano vaghe e inadeguate. Cosa si intende, ad esempio, con forma "buona" o "semplice"?"
La constatazione dell'apparente olismo nell'impostazione gestaltiana, contrastante con le evidenze sperimentali delle illusioni ottiche come interagenti, attualmente divide la critica in sostenitori della psicologia nei campi della grafica e del design (come dimostrano i molteplici corsi universitari prosecutori delle ricerche originarie della Gestalt), e ricercatori di risoluzione per una dicotomia evidente tra l'estrema precisione formale della teoria e la sua inapplicabilità in situazioni di minima complessità dei fenomeni. L'ingegneria della ricerca sui movimenti oculari propone, per esempio, un approccio empirico allo studio dei valori visivi per la percezione dell'individuo. Un complesso musicale dinamico di IDM, creato dagli Autechre, adotta il nome Gescom - abbreviativo di Gestalt communications, per un progetto che evidenzi la componente sociale dell'estetica nel già teorizzato inconscio collettivo da parte di Jung. La produzione di questo psicanalista culmina con il concetto di Sincronicità negli anni cinquanta, il quale sta alla base di una nuova interpretazione della teoria gestaltiana esposta nella tesi di laurea di Ivan Grebenshikov, dal titolo: Sincronicità emergente; ottica e quantistica in psicologia, orientate alle arti visive. Il testo teorizza una rivisitazione della Gestalt con gli strumenti della "vettorialità" nell'orientamento dei movimenti oculari (organizzazione foveale, macula-periferica), attraverso la spettrofotometria dei fotorecettori, in quanto fisicamente sensibili fino ai singoli fotoni della luce.

la Psicologia in Italia, le origini.

Nel 1905, la nascita del periodico scientifico Rivista di Psicologia ad opera di Giulio Cesare Ferrari, il bando delle prime tre cattedre di discipline psicologiche che sanciva l’ingresso della psicologia nell’Università italiana, e il V Congresso Internazionale di Psicologia a Roma, con il quale la comunità scientifica riconosceva l’esistenza di una psicologia italiana di livello internazionale, furono tra degli eventi fondativi nella storia della psicologia in Italia.
La nascita ufficiale della Psicologia italiana farà capo però alla S.I.P., Società Italiana di Psicologia, che nasce a Ginevra nel 1909 - durante il VI Congresso Internazionale di Psicologia - con il fine di istituire una rappresentanza scientifica per l'Italia nei consessi della psicologia internazionale. La Rivista di Psicologia, pubblicherà nel 1910 il programma di fondazione della S.P.I., sigla che dal 1960 diverrà S.I.P.s. - Società Italiana di Psicologia scientifica.
Ma già nella seconda metà del 1800 diversi studiosi e ricercatori, soprattutto di matrice filosofica, avevano avuto rapporti importanti e continui con la psicologia internazionale contribuendovi con solidi apporti di pensiero. Risale infatti al 1870 un testo di Roberto Ardigò: Psicologia come scienza positiva nel quale lo studioso, un religioso che aveva smesso la tonaca in concomitanza con tali studi, prendeva posizione sulla questione del rapporto tra pensiero e sensazione, differenziandosi da fondamenti dogmatici.
Nello stesso periodo, nel 1874 a Torino, l’accademico Giuseppe Sergi, un antropologo, pubblica Principi di psicologia precedendo di poco Fondamenti della psicologia fisiologica di Wilhelm Wundt le cui idee integra, nel 1881, in Teoria fisiologica della percezione. Ancora a Torino, nel 1891, un altro accademico, il fisiologo Angelo Mosso, inventa l’ergografo e inizia a condurre studi sull’attività muscolare sia durante l’attivazione fisiologica, come nei diversi gradi della fatica, che in stati psichici come la paura; dalla ricerca sulla fisiologia della fatica di Mosso si dirama negli stessi anni la psicofisiologia del lavoro di Luigi Patrizi con la quale ha inizio in Italia lo studio scientifico del lavoro umano. Poco tempo dopo, nel 1893, lo stesso Sergi fonderà a Roma il primo laboratorio italiano di psicologia sperimentale.
A Roma, nel 1898 si incontrano Sante De Sanctis e il triestino Vittorio Benussi, già allievo di Alexius Meinong che diverrà esponente di spicco della Scuola di Graz; poco dopo quell'incontro, nel 1899 De Sanctis pubblica I sogni, che esce poco prima de L'interpretazione dei sogni ma datato all’anno 1900, ed è criticato da S.Freud . Non solo le critiche però, attestano l'attenzione reciproca che vi era tra studiosi di paesi e culture diverse; infatti più tardi, nel 1927, Freud si riferirà al lavoro di De Santis sulla conversione religiosa come a un’opera pregevolissima nella quale, fra l'altro, vengono utilizzate tutte le scoperte della psicoanalisi.
Nel 1903 a Firenze, Francesco De Sarlo filosofo e accademico, fonda un Laboratorio di Psicologia Sperimentale, annesso alla Facoltà di Lettere e Filosofia del Regio Istituto di Studi Superiori nel quale lavoreranno quali suoi allievi Antonio Aliotta, Enzo Bonaventura ed Eugenio Garin. Nel 1904, Luigi Valli, storico medievalista che negli anni ‘20 diverrà un “dantista” abbastanza discusso, pubblica a Roma Il fondamento psicologico della religione un trattato sui fenomeni della religiosità con una corposa documentazione storiografica che si inserisce nella polemica, da decenni assai viva in Italia, tra psicologia e religione.

Anna Freud

Anna Freud (Vienna, 3 dicembre 1895Londra, 9 ottobre 1982) è stata una psicoanalista austriaca.
Figlia di Sigmund Freud, si è dedicata prevalentemente alla psicoanalisi infantile ed allo studio dei meccanismi di difesa dell'Io.
Biografia
Figlia di Sigmund Freud, divenne psicoanalista ed iniziò ad occuparsi della psicoanalisi infantile. Assai noti sono i suoi scontri teorici con l'altrettanto nota psicoanalista tedesca Melanie Klein (1882-1960), che perdurarono dalla metà degli anni venti sino al gentlemen's agreement dopo le "Controversial discussions" che si tennero fra il 1942 e il 1944 in una Londra devastata dalla guerra. A differenza della Klein, Anna Freud non riteneva potessero svolgersi trattamenti psicoanalitici di bambini in età troppo precoce, a causa della loro presunta non analizzabilità per via della supposta mancanza di un transfert. Caposcuola della scuola psicoanalitica detta di "Psicologia dell'Io", che ebbe molta fortuna negli Stati Uniti.
In Europa questo orientamento teorico ebbe in Jacques Lacan il suo più acerrimo oppositore, poiché in essa egli vedeva un "accentramento" dello psichismo sull'Io, mentre riteneva che il "senso sovversivo" della psicoanalisi fosse proprio nel "decentramento" dello psichismo: il linguaggio dell'Inconscio quale verità, di cui l'Io sarebbe solo un "sintomo". Anna Freud contribuì in particolare a concettualizzare, stabilire e sistematizzare il funzionamento dei meccanismi di difesa dell'Io, inizialmente intuiti da Sigmund Freud ed aggiungendone altri alla teorizzazione paterna. Oltre alla rimozione e a nove classici descritti già dal padre quali: Regressione, modificazione attiva dell'io, isolamento, annullamento retroattivo, identificazione, proiezione, rivolgimento contro se stessi, trasformazione al contrario, sublimazione.
Aggiunse anche che l'identificazione con l'aggressore è una forma di altruismo, venendosi a creare una interazione tra l'individuo e un altro nel suo mondo. Ascetismo ed Intellettualizzazione, due difese tipiche dello stadio di sviluppo dell'adolescenza, periodo dello sviluppo così importante per la persona; e per finire tre reazioni a forme di dolore: negazione in fantasia, negazione con atti e parole e limitazione dell'io. Anna Freud inoltre tende a sottolineare un passaggio evolutivo da forme di difesa più semplici, o primitive, a forme di difesa più complesse, o più evolute.
Curiosità
Fra tutti i suoi pazienti la più famosa è certamente Marilyn Monroe.
OPERE

-- Opere. Vol 1: 1922-1943, Bollati Boringhieri, Torino, 1985

-- Opere. Vol 2: 1945-1964, Bollati Boringhieri, Torino, 1985

-- Opere. Vol 3: 1965-1975, Bollati Boringhieri, Torino, 1985

-- Il trattamento psicoanalitico dei bambini, Bollati Boringhieri, Torino, 1972

-- Normalità e patologia del bambino. Valutazione dello sviluppo, Feltrinelli, Milano, 2003

-- L'aiuto al bambino malato, Bollati Boringhieri, Torino, 1987

-- Conferenze per insegnanti e genitori, Bollati Boringhieri, Torino, 1986

sabato 29 ottobre 2011

ERICH FROMM

Erich Fromm nacque a Francoforte sul Meno nel 1900. Figlio di un ricco commerciante israelita di vini, fu educato in un' atmosfera rigidamente religiosa. Dopo aver completato la sua educazione secondaria, nel 1922, a 22 anni, si laurea a Heidelberg in filosofia con una tesi " Sulla funzione sociologica della legge ebraica nella Diaspora ". Mentre prepara la sua dissertazione, Fromm è ancora un ebreo ortodosso che si interroga sui timori che suscitava "negli uomini semplici" la figura dell'ebreo. Tenta quindi di offrire delle spiegazioni., individuando nella legge la forza che garantisce al corpo sociale ebraico di permanere nel suo scontro con corpi storici estranei. Utilizzando gli strumenti concettuali di Max Weber, Martin Buber e Hermann Cohen, propone una ricostruzione sociologica delle origini della diaspora, del rabbinismo, dei rapporti con il cristianesimo e con l'islam con un excursus storico sul crinale di quella legge che evita l'autodistruzione e permette il compromesso con i non ebrei, preservando l'identità nel corso del tempo. Fromm concentra la sua analisi su alcuni momenti della storia religiosa che ritiene esemplari. Negli anni Settanta, sull'onda del successo dei suoi libri, la tesi viene pubblicata. In seguito studiò psicanalisi a Monaco svolgendo anche attività di psicanalista presso l'Istituto psicanalitico di Berlino e di Francoforte. Non si laureò in medicina. Cominciò a praticare la psicoanalisi nel 1925 e divenne presto famoso. Dal 1929 al 1932 fu assistente nell'Università di Francoforte, e nel 1930 la sua prima tesi sulla funzione delle religioni, fu pubblicata in "Imago", una rivista edita da Freud. Invitato all'Istiituto di psicoanalisi di Chicago, visitò gli Stati Uniti nel 1933. Nel 1934, per opposizione al nazismo, lasciò la Germania per stabilirsi permanentemente negli Stati Uniti. Tenne lezioni all' Università di Columbia dal 1934 al 1939 e in altre università americane. Nel 1951 divenne professore del dipartimento di psicanalisi dell' Università nazionale del Messico. Nel 1955 fu nominato Direttore del dipartimento di psicologia della stessa Università del Messico col compito di dirigere l'addestramento di psicoanalisi e di psichiatria. Nel 1962 diventa titolare di una cattedra di psichiatria a New York. Erich Fromm è considerato uno dei maggiori rappresentanti della psicologia post-freudiana . La sua posizione propositiva è stata definita "Socialismo umanistico", utopia di un mondo umano che sappia realizzare le istanze sociali e superare l'alienazione dell'uomo, le spinte a fuggire dalla libertà, che sappia vivere l'amore per la vita. Le opere più importanti di Fromm sono : " Fuga dalla libertà " (1941); " Psicoanalisi e religione " (1950); " Il linguaggio dimenticato " (1951); " Psicoanalisi della società contemporanea " (1955); " L'arte di amare " (1956); " Buddismo, zen e psicoanalisi " (1960); " Marx e Freud " (1962); " Il cuore dell'uomo " (1964 ); " La rivoluzione della speranza " (1968); " Anatomia della distruttività umana " (1973); " Avere o essere " (1976); " Grandezza e limiti della psicoanalisi di Freud "(1979). Fromm insieme a Adorno, Horkheimer e Marcuse diventa uno dei maggiori esponenti della Scuola di Francoforte , che nei primi anni del secondo dopoguerra si afferma nella cultura tedesca. La nuova corrente di pensiero, fortemente influenzata dal marxismo, si ispira a diverse matrici culturali: la dialettica e la fenomenologia hegeliana, il nichilismo di Nietzsche e di Heidegger, la psicoanalisi di Freud. La Scuola con il marxismo ha un rapporto tormentato e complesso per motivi sia teorici che pratici poiché respinge il concetto cardine del marxismo del progresso sociale che conduce al consumismo e alla tecnocrazia. La Scuola si oppone ai regimi totalitari di ispirazione marxista degli anni Cinquanta e Sessanta. Il nucleo originario si costituisce a partire dal 1922 presso l'Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, destinato a diventare particolarmente importante quando, nel 1931, ne prende la direzione Max Horkheimer. Dopo l'avvento del nazismo i componenti della Scuola sono costretti a trasferirsi all'estero, soprattutto negli Stati Uniti d'America e solo alcuni di loro torneranno in Germania alla fine della guerra. Il compito che la Scuola si prefigge è quello di svolgere ricerche collettive e interdisciplinari, tenendo presenti i metodi della sociologia, della ricerca storica, dell'economia politica e del marxismo. Oggetto di studio sono le società industriali e i modi di vivere che in esse tendono a realizzarsi. L'indagine è volta ad analizzare l'autoritarismo, il conformismo, l'alienazione che si presentano in forma più o meno latente nelle società industrializzate ed è condotta prendendo in considerazione anche le manifestazioni culturali e in particolare le avanguardie artistiche del Novecento. La contestazione giovanile del 1968 sembra ispirarsi alla Scuola di Francoforte che in questo periodo suscita pertanto un rinnovato interesse nel mondo della cultura. Di orientamento socialista e materialista, la Scuola ha elaborato le sue teorie e svolto le sue indagini alla luce delle categorie di totalità e dialettica: la ricerca sociale non si dissolve in indagini specializzate e settoriali; la società va indagata come un tutto nelle relazioni che legano gli ambiti economici con quelli culturali e psicologici. E' qui che si instaura il nesso tra Hegelismo, Marxismo e Freudismo che tipicizzerà la Scuola di Francoforte. La teoria critica si prefigge di far emergere le contraddizioni fondamentali della società capitalistica e punta ad uno sviluppo che conduca ad una società senza sfruttamento. Con la presa del potere da parte di Hitler il gruppo francofortese emigra prima a Ginevra, poi a Parigi e infine a New York. Dopo la seconda guerra mondiale Marcuse, Fromm, Lowenthal e Wittfogel restano negli Stati Uniti, mentre Adorno, Horkheimer e Pollock tornano a Francoforte, dove nel 1950 rinasce L'Istituto per la ricerca sociale. Nella scuola di Francoforte si propone e sviluppa la teoria critica della società che avversa il tipo di lavoro della sociologia empirica americana. Per i francofortesi la sociologia non si riduce né si dissolve in indagini settoriali e specialistiche, in ricerche di mercato (tipiche, queste, della sociologia americana). La ricerca sociale è, invece, per loro, la teoria della società come un tutto, una teoria posta sotto il segno delle categorie della totalità e della dialettica e tesa all'esame delle relazioni intercorrenti tra gli ambiti economici, psicologici e culturali della società contemporanea. Siffatta teoria è critica in quanto da essa emergono le contraddizioni della moderna società industrializzata e in particolar modo della società capitalistica. Per maggior precisione il teorico critico " è quel teorico la cui unica preoccupazione consiste in uno sviluppo che conduca ad una società senza sfruttamento ". Il primo lavoro di rilievo della Scuola di Francoforte è il volume collettivo "Studi sull'autorità e la famiglia" (1936): la famiglia, come anche la scuola o le istituzioni religiose, viene vista quale tramite dell'autorità e dell'insediarsi di questa nella struttura psichica degli individui. Un lavoro analogo verrà successivamente progettato in America: i suoi esiti sono pubblicati nel volume "La personalità autoritaria". L'analisi più significativa compiuta da Fromm è quella relativa al tema della fuga dalla libertà che caratterizza la civiltà moderna. La storia dell'umanità è storia della libertà e ha inizio quando l'uomo, diventato consapevole della propria esistenza, spezza il legame che lo lega alla natura entro la quale era immerso, così come la storia individuale ha inizio con la separazione dalla madre. L'esistenza umana comincia quando l'adattamento alla natura perde il suo carattere coercitivo; quando il modo di agire non è più fissato da meccanismi ereditari. In altre parole, sin dall'inizio l'esistenza umana e la libertà sono inseparabili. Lo sviluppo della storia ha determinato una serie di conquiste quali il dominio sulla natura, la crescita della ragione, lo sviluppo della solidarietà verso altri uomini, ma ha causato anche isolamento, insicurezza, solitudine. Dalla fine del Medioevo in poi è cresciuta la libertà degli uomini rispetto alla natura e ai legami della tradizione e delle consuetudini del passato. Questa accresciuta libertà ha determinato, però, una perdita di significato dell'esistenza: l'uomo si sente solo, anonimo, impotente. Vive in modo spersonalizzante il lavoro e, ridotto al ruolo di consumatore, avverte la propria limitatezza anche di fronte alle scelte politiche. Tale insicurezza e precarietà determinano alcuni comportamenti di fuga dalla libertà che investono la società in tutti i suoi aspetti, anche quelli politici. Pertanto lo sviluppo dei regimi totalitari del fascismo e del nazismo non ha spiegazione solo a carattere economico e sociale ma anche psicologico poiché ha a che fare con questa tendenza dell'uomo moderno a fuggire dalla libertà che diventa dolorosa e a rinunciare alla responsabilità e all'autonomia delle scelte, rendendolo disponibile a sottomettersi a un regime politico autoritario. Altro punto fondamentale dell'analisi di Fromm in "Fuga dalla libertà" è quello relativo al tema dell' autorità , dove viene operata una distinzione molto chiara tra autorità e autoritarismo, indicati con i termini di "autorità razionale" e "autorità inibitoria". L'autorità non è una qualità ma si riferisce a un rapporto interpersonale, in cui una persona considera un'altra superiore a se stessa. Nel caso dell'autorità razionale, assistiamo a un processo in cui un rapporto si basa su una differenza gerarchica (come avviene per esempio tra insegnante e alunno): la parte inferiore riconosce all'altra una superiorità effettiva che non opera però nei suoi confronti in termini di sfruttamento. E' un rapporto in cui la parte superiore offre all'altra una serie di strumenti che le consentono di avvicinarsi al suo livello e in questo senso si tratta di un rapporto di scambio reciproco su una base affettiva positiva. Si parla invece di autorità inibitoria quando il rapporto di sudditanza viene mantenuto e consolidato da chi ha potere. Fromm prende in considerazione anche le diverse forme di autorità come quelle che si realizzano nel rapporto tra padrone-operaio, padre-figlio, moglie-marito, ecc. L'importanza di Fromm risiede proprio nel tentativo di analizzare i grandi temi della vita sociale in un'ottica psico-sociologica che dà conto dell'importanza dei fattori culturali e sociali nello sviluppo della personalità. Anche il conformismo dilagante nella società moderna, l'assunzione acritica e automatica dei modelli di comportamento proposti dalla società comportano l'annullamento della personalità dell'individuo. In sostanza, si tratta di un meccanismo psicologico di difesa messo in atto per fuggire dalla paura e dalla solitudine, in ultima analisi per fuggire dalla libertà. L'uomo cessa di essere un atomo isolato attraverso la libertà positiva con la realizzazione spontanea e completa della sua personalità e dei rapporti d'amore che lo legano agli altri uomini e al lavoro come creatività. Solo la libertà positiva garantisce la possibilità di un' autentica democrazia . L'analisi della società contemporanea porta all'individuazione del suo carattere fondamentale e cioè dell' alienazione come effetto del capitalismo sulla personalità umana. L'alienazione caratterizza i rapporti dell'uomo con il lavoro, con gli altri uomini, con le cose, con se stesso. In "Psicoanalisi della società contemporanea" viene esaminata con estrema lucidità la situazione dell'uomo moderno in una società la cui principale preoccupazione è la produzione economica più che l'aumento della produttività creativa dell'uomo: una società dove l'uomo ha perduto il predominio. L'uomo moderno è estraniato dal mondo che egli stesso ha creato, alienato dagli altri uomini, dalle cose che usa e consuma, dal suo governo, da se stesso. Egli è ora " una personalità fittizia ". Se si lascerà che le tendenze attuali si sviluppino senza controllo, ne risulterà una società malata, costituita da uomini alienati. Fromm presenta in questo modo una completa e sistematica concezione della psicoanalisi umanistica e propone un'ipotesi di società "mentalmente sana" in cui l'uomo sia il centro dell'interesse delle attività economiche e produttive, evidenziando così l'alternativa tra il sistema capitalistico e la dittatura totalitaria. In "Psicanalisi e religione", Fromm discute il bisogno dell'uomo di una struttura di orientamento con cui egli può superare la sua alienazione e stabilire relazioni con gli altri. Questo bisogno può essere soddisfatto da un' ideologia, da una religione, o persino da una nevrosi mentale. Fromm confronta questo tipo di psicoanalisi che chiama cura dell'anima con le religioni che accentuano il potere e la forza dell'individuo: " la cura dell' anima è quella di mettere un uomo in contatto col suo subcosciente aiutandolo così ad essere libero di stabilire relazioni d' amore ". Il metodo normale per superare l'isolamento è stabilire spontaneamente relazioni col mondo attraverso l'amore e lavorare senza sacrificare l'indipendenza e l'integrità del processo. Nel suo lavoro di analista Fromm scopre una grande varietà di altri meccanismi d'evasione che sono alternativi all'amore: masochismo, sadismo, distruttività, conformismo. Essi producono una riduzione dell'alienazione e dell'ansia ma solo al caro prezzo della rinuncia della propria individualità. L'uomo alienato diventa estraneo a se stesso, non si riconosce come centro del suo mondo e come protagonista delle sue scelte, ma i suoi atti diventano i suoi padroni e a questi si sottomette. Nella società dominata dal denaro e dal consumo, l'uomo concepisce se stesso come una cosa in vendita. Nella società capitalista il consumo diventa fine a se stesso, fa nascere nuovi bisogni e costringe all'acquisto di nuove cose, si perde di vista l'uso delle cose e l'uomo è schiavo del possesso. Si può uscire dall'alienazione solo costituendo un tipo di società organizzata secondo il " socialismo comunitario " con la partecipazione di tutti i lavoratori alla gestione del mondo del lavoro. Il socialismo comunitario prospettato da Fromm è vicino alle posizioni dei socialisti utopistici ed è influenzato dal sindacalismo e dal socialismo corporativista. In "Avere o Essere" Fromm propone all'uomo contemporaneo la scelta netta tra due categorie, due progetti di uomo: o quello dell'avere, dominante nella società capitalistica dei consumi, o quello dell'essere, della realizzazione dei bisogni più profondi dell'uomo. L'analisi di Fromm individua due modi di determinarsi dell'esistenza dell'uomo nella società:

  • avere, modello tipico della società industrializzata, costruita sulla proprietà privata e sul profitto che porta all'identificazione dell'esistenza umana con la categoria dell'avere, del possesso. Io sono le cose che possiedo, se non possiedo nulla la mia esistenza viene negata. In tale condizione l'uomo possiede le cose ma è vera anche la situazione inversa e cioè le cose possiedono l'uomo. L'identità personale, l'equilibrio mentale si fonda sull' avere le cose.

  • essere è l'altro modo di concepire l'esistenza dell'uomo ed ha come presupposto la libertà e l'autonomia che finalizza gli sforzi alla crescita e all'arricchimento della propria interiorità. L'uomo che si riconosce nel modello esistenziale dell'essere non è più alienato, è protagonista della propria vita e stabilisce rapporti di pace e di solidarietà con gli altri. Fromm ritiene necessario attuare una nuova società, fondata sull'essere, liberata dalla categoria dell'avere , che garantisca, a livello politico e nell'ambito del lavoro, la partecipazione democratica di tutti gli uomini. Il rapporto tra l'uomo e la società differisce da quello di Freud per il quale l'uomo è fondamentalmente antisociale e deve essere addomesticato dalla società. Sia la psicoanalisi che il marxismo hanno parzialmente fallito nel loro intento, spiega Fromm in "Marx e Freud". Né l'una né l'altro sono in grado di produrre sostanziali cambiamenti della condizione umana: la psicoanalisi e il marxismo sembrano aver perso la loro carica liberatrice e non sono in grado di fornire la comprensione dei processi in atto. C'è bisogno di una revisione sia per l'una che per l'altro. Della psicoanalisi freudiana, oltre a criticare l'impianto meccanicistico, retaggio di una cultura positivista, Fromm denuncia il carattere borghese proprio dell'epoca e dell'ambiente in cui Freud viveva. Freud non ha espresso nella sua psicoanalisi la vera natura umana, ma solo quella di una società capitalistica, egoista e maschilista riducendo i rapporti tra uomo e mondo solo in termini di soddisfacimento libidico. Nella società alienata del capitalismo non sono, però, i bisogni e le potenzialità umane ad essere realizzati, ma i bisogni socialmente indotti dal mercato. Il marxismo d'altra parte non ha colto il peso che le forze psicologiche, attraverso i meccanismi di riproduzione sociale, hanno sulla personalità degli individui. In "Fuga dalla libertà" Fromm analizza i meccanismi che hanno operato nella storia dell'uomo, in particolar modo analizzando la storia moderna dell'Occidente, che ha spesso visto gli uomini fuggire dalla libertà, cedere la libertà mantenendo l'appartenenza alla società, luogo di sicurezza contro la solitudine. Anche il totalitarismo nazista può essere spiegato con questi meccanismi. Famosa è l'analisi psicoanalitica che egli fa di Hitler, descritto come sadico con il popolo tedesco, che domina e sottomette e masochista nei confronti del destino. Non sembra, però, che Fromm attribuisca a un processo rivoluzionario la possibilità di superamento dell'alienazione. La psicoanalisi può compiere la necessaria critica dell'alienazione dell'uomo contemporaneo e della sua infelicità. Mentre la società capitalista preferisce personalità ferme a stadi pregenitali, demandando alla famiglia il compito della repressione sessuale, Fromm guarda ad una sessualità genitale, che egli vede come simbolo di libertà, creatività, socievolezza. E' stata notata in Fromm una lettura di Marx nella quale i valori della vita, del lavoro liberato, dell'utopia e del Socialismo vengono contrapposti ai valori della morte, dello sfruttamento, dell'alienazione e del capitalismo. In particolare, fra i valori che nella lettura di Fromm vengono esaltati, fondamentale è quello dell'amore. In "L'arte di amare", che è la sua opera più nota e più popolare, discute cinque tipi di amore : amore fraterno, amore tra genitori e figli, amore erotico, amore per se stessi, amore per Dio. Tutte queste forme di amore hanno elementi comuni e devono essere basati sul senso di responsabilità, rispetto e conoscenza. Per ogni individuo l'amore è il modo normale di superare il senso di isolamento e, come desiderio di unione con gli altri, assume una forma specificamente biologica tra l'uomo e la donna. Fromm afferma che è errato interpretare l' amore come una reciproca soddisfazione sessuale poiché una completa felicità sessuale si raggiunge soltanto quando c'è l'amore. La concentrazione sulla tecnica sessuale come se questa rappresentasse la via alla felicità è, egli afferma, una delle molti ragioni per cui l'amore è diventato così raro nella moderna società capitalistica. Fromm crede che l'amore sia l'unica e soddisfacente risposta al problema dell'esistenza umana. L'amore non può essere insegnato, bensì deve essere acquisito tramite uno sforzo continuo, disciplina, concentrazione e pazienza, tutte cose che sono difficili per la pressione continua della vita moderna. Il più importante contributo di Fromm sta nell' accentuazione della dignità e del valore dell'individuo . A differenza degli psicologi del comportamento, egli non riduce l'uomo ad un comune denominatore di istinti e considera il sesso molto meno importante dell'amore. Le sue idee sulla teoria della pratica dell'amore sono della massima importanza poiché dimostrano che uomini e donne possono superare le pressioni della vita quotidiana e le difficoltà che essi incontrano quando vogliono formare mature relazioni d'amore. Dal punto di vista strettamente psicanalitico, Fromm è noto per aver approntato una teoria della personalità . Formatosi innanzitutto come sociologo, Fromm ha saputo coniugare il pensiero di Freud con molti altri grandi filoni culturali, da Marx alla tradizione ebraica. All'interno di questa vasta sintesi dottrinale, si trova anche una teoria della personalità ed una caratterologia, nata come tipologia causale, studiata empiricamente con indagini sul campo e con uso di test proiettivi. La tipologia di Fromm è centrata sul concetto di produttività. Il carattere "produttivo" è quello pienamente sviluppato, non alienato, maturo e ricco di amore per la vita; questo è il punto di riferimento, cui tendono gli altri tre tipi principali, che sono il "ricettivo", l' "appropriativo" e il "mercantile". I tre tipi non costituiscono categorie fisse, ma piuttosto, come in tutti i sistemi caratterologici moderni, delle tendenze presenti in una certa proporzione in ogni carattere. E' significativo quindi non solo il caso in cui una tendenza appare più sviluppata delle altre, ma anche il caso contrario, in cui una tendenza appare appena accennata. Inoltre, la produttività non esclude che il carattere possa essere classificato come appartenente ad uno degli altri tipi; il pieno sviluppo delle potenzialità umane può essere raggiunto attraverso vie differenti. In "Analisi della distruttività umana", Fromm ha descritto anche un altro tipo interamente negativo, il "necrofilo", amante della morte e nemico della vita; questo rappresenta un caso limite, patologicamente lontano dai valori del carattere produttivo. E' raro, fortunatamente, che il necrofilo possa incontrarsi allo stato puro, ma può presentarsi allo stato di tendenza nelle persone troppo affascinate dalla tecnica e dall'ordine.

    " Il guaio della vita di oggi è che molti di noi muoiono prima di essere nati pienamente ."


  • http://www.youtube.com/watch?v=Hdmr-JNUz-g


    Notte da matti al Vibra di Modena con i Modena City Ramblers: link per i 2 video fatti dai ragazzi del Vibra

    http://www.youtube.com/user/VibraModena#p/u/1/UurSOZdrt44

    http://www.youtube.com/user/VibraModena#p/u/0/ttXecNY_E_0

    Franco Basaglia

    Franco Basaglia (Venezia, 11 marzo 192429 agosto 1980) fu uno psichiatra e neurologo italiano, professore, fondatore della concezione moderna della salute mentale, riformatore della disciplina psichiatrica in Italia e ispiratore della cosiddetta Legge 180, anche nota infatti come "Legge Basaglia", che introdusse un'importante revisione ordinamentale degli ospedali psichiatrici in Italia e promosse notevoli trasformazioni nei trattamenti sul territorio.
    Biografia
    Secondo di tre figli, trascorre un'adolescenza tranquilla e agiata. Dopo aver conseguito la maturità classica nel 1943 si iscrive alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Padova. All'università entra in contatto con un gruppo di studenti antifascisti; per il suo impegno antifascista viene arrestato ed incarcerato. La detenzione cessa alla fine della guerra, sei mesi dopo. Nel 1949 si laurea in medicina e chirurgia all'Università di Padova. In questo periodo si dedica ai classici dell'esistenzialismo: Sartre, Maurice Merleau-Ponty, Husserl e Heidegger.
    Nel 1953 si specializza in Malattie nervose e mentali presso la clinica neuropsichiatrica di Padova. Lo stesso anno sposa Franca Ongaro, che gli darà due figli, sarà coautrice col marito di alcune opere sulla psichiatria ed entrerà in Parlamento per Sinistra Indipendente. Nel 1958 Basaglia ottiene la libera docenza in psichiatria. Per le sue idee innovative e rivoluzionarie non viene bene accolto in ambito accademico, cosicché nel 1961 decide di rinunciare alla carriera universitaria e di trasferirsi a Gorizia per dirigere l'ospedale psichiatrico della città. Si tratta di un esilio professionale dovuto soprattutto alle scelte politiche e scientifiche. L'impatto con la realtà del manicomio è durissimo. Teoricamente si avvicina alle correnti psichiatriche di ispirazione fenomenologica ed esistenziale (Karl Jaspers, Eugéne Minkowski, Ludwig Binswanger), ma anche a Michel Foucault e Erving Goffman per la critica all'istituzione psichiatrica.
    A Gorizia, dopo alcuni soggiorni all'estero (fra cui la visita alla comunità terapeutica di Maxwell Jones), avvia nel 1962, insieme ad Antonio Slavich, la prima esperienza anti-istituzionale nell'ambito della cura dei malati di mente. In particolare, egli tenta di trasferire il modello della comunità terapeutica all'interno dell'ospedale e inizia una vera e propria rivoluzione. Si eliminano tutti i tipi di contenzione fisica e le terapie elettroconvulsivanti (elettroshock), vengono aperti i cancelli dei reparti. Non più solo terapie farmacologiche, ma anche rapporti umani rinnovati con il personale. I pazienti devono essere trattati come uomini, persone in crisi. Fu l'inizio di una riflessione sociopolitica sulla trasformazione dell'ospedale psichiatrico e di ulteriori esperienze di rinnovamento nel trattamento della follia, alternative anche alla esperienza di Gorizia.
    Nel 1967 cura il volume Che cos'è la psichiatria?. Nel 1968 pubblica L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, dove racconta al grande pubblico l'esperienza dell'ospedale psichiatrico di Gorizia. Quest'ultima si rivela un'opera di grande successo editoriale.
    Nel 1969 lascia Gorizia e, dopo due anni a Parma dove dirige l'ospedale di Colorno, nell'agosto del 1971 diviene direttore del manicomio di Trieste. Basaglia istituisce subito, all'interno dell'ospedale psichiatrico, laboratori di pittura e di teatro. Nasce anche una cooperativa di lavoro per i pazienti, che così cominciano a svolgere lavori riconosciuti e retribuiti. Ma ormai sente il bisogno di andare oltre la trasformazione della vita all'interno dell'ospedale psichiatrico: il manicomio per lui va chiuso ed al suo posto va costruita una rete di servizi esterni, per provvedere all'assistenza della persone affette da disturbi mentali. La psichiatria, che non ha compreso i sintomi della malattia mentale, deve cessare di giocare un ruolo nel processo di esclusione del "malato mentale", voluto da un sistema ideologico convinto di poter negare e annullare le proprie contraddizioni, allontanandole da sé ed emarginandole. Nel 1973 Trieste viene designata "zona pilota" per l'Italia nella ricerca dell'OMS sui servizi di salute mentale. Nello stesso anno Basaglia fonda il movimento Psichiatria Democratica, favorendo la diffusione in Italia dell'antipsichiatria, una corrente di pensiero sorta in Inghilterra nel quadro della contestazione e dei fermenti rivoluzionari del 1968 ad opera principalmente di David Cooper.
    Nel gennaio 1977 viene annunciata la chiusura del manicomio "San Giovanni" di Trieste entro l'anno. L'anno successivo, il 13 maggio 1978, in Parlamento viene approvata la legge 180 di riforma psichiatrica. Nel 1979 Basaglia parte per il Brasile, dove, attraverso una serie di seminari raccolti successivamente nel volume Conferenze brasiliane, testimonia la propria esperienza. Nel novembre del 1979 lascia la direzione di Trieste e si trasferisce a Roma, dove assume l'incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della Regione Lazio.
    Nella primavera del 1980 si manifestano i primi sintomi di un tumore al cervello, che in pochi mesi lo porterà alla morte, avvenuta il 29 agosto 1980 nella sua casa di Venezia. A distanza di 30 anni, benché sia stata più volte oggetto di discussione e di tentativi di revisione, la legge 180 è ancora la legge quadro che regola l'assistenza psichiatrica in Italia.

    Il pensieroGià durante gli anni di studio universitario e di specializzazione in neuropsichiatria presso l'Ateneo padovano, Basaglia tenta di integrare la rigida impostazione medica di matrice positivista, con un nuovo approccio filosofico di stampo fenomenologico-esistenziale. Egli è alla ricerca di nuovi strumenti di validazione funzionali alla nuova idea psichiatrica che gradualmente sta maturando in lui proprio grazie alle letture filosofiche.

    Impostazione positivista e fenomenologica in psicologia

    Basaglia supera la semplice visione positivista, facendo proprie istanze di una visione fenomenologica della psichiatria:
    • Secondo l'impostazione positivista, i sintomi della malattia vengono considerati "dati oggettivi", "fatti" osservati empiricamente, per classificare in modo oggettivo la malattia, ipotizzare una eventuale prognosi, con un approccio non dissimile al metodo di osservazione tipico delle scienze naturali.
    • Secondo l'impostazione fenomenologica, la psichiatria non può ridurre il malato ad una serie di sintomi classificati, sebbene la loro osservazione e la loro descrizione dettagliata rimangano strumenti preziosi. Il paziente non si può osservare solamente dall'esterno, poiché la psiche umana è decisamente più complessa e misteriosa, la psichiatria non deve “oggettivizzare” il malato in una diagnosi.
    Basaglia sostiene che il medico non deve solo saper osservare la malattia, soffermarsi sui suoi sintomi, pretendere di darne una spiegazione. Il medico deve anche saper avvicinare il paziente mettendosi dalla sua parte, stabilire una relazione con un ascolto attento e partecipe senza temere l'esperienza dell'immedesimazione e della sofferenza. Lo psichiatra avvicinandosi al paziente deve prendere in carico tutta la persona, il suo corpo e la sua mente, il suo essere nel mondo e dunque la sua storia e la sua vita.

    « Comprendere significa avvicinarsi all'esperienza vivente nei suoi stessi termini, mobilitando non il semplice intelletto, ma tutte le capacità intuitive del nostro animo, per penetrarne l'intima essenza senza ridurla ad ipotesi casuali precostituite[10]  »

    È evidente, in questa prima elaborazione l'influenza del pensiero di Karl Jaspers.

    Influenza del pensiero fenomenologico

    Negli anni '50, studiando Ludwig Binswanger, Basaglia entra in contatto con l'esperienza fenomenologica di Edmund Husserl.
    Basaglia riprende da Husserl la sua analisi del corpo, in particolare la distinzione tra:
    • Körper: il mero corpo fisico, la cosa, la corporeità oggettuale, il corpo esteso
    • Leib, il corpo proprio, il mio corpo, il corpo vivente.
    Tale distinzione è trattata da Husserl nelle Meditazioni cartesiane, in particolare nella Quinta:

    « ..appartiene alla mia proprietà, purificata da ogni senso di soggettività estranea, un senso di mera natura che ha perduto anche l’esserci-per-ciascuno e che perciò non può in alcun modo esser preso per una falda astrattiva del mondo stesso, o meglio del suo senso. Tra i corpi di questa natura presi come appartenenti-a, io trovo allora in una determinazione unica il mio corpo, che è appunto l’unico a non essere mero corpo fisico o cosa [Körper], ma invece mio corpo, corpo umano, corpus [Leib], oggetto unico al di dentro della mia falda di mondo astrattiva, alla quale ascrivo il campo di esperienza sensibile, sebbene in modi diversi di appartenenza (campo di sensazioni tattili, campo di sensazioni termiche ecc.); ed il mio corpo è la sola ed unica cosa in cui io dispongo ed impero immediatamente e comando singolarmente in ciascuno dei suoi organi[11]»

    Con la nozione di corpo vissuto, Husserl sancisce il superamento definitivo della divisione tra res cogitans e res extensa, ovvero tra psiche e soma, il dualismo cartesiano di anima/corpo, la cui opposizione aveva caratterizzato la psicologia e la psichiatria, con vicende alterne, fino ad allora. Il corpo non dovrebbe essere sentito come ostacolo da superare ma come veicolo che immette la persona nel mondo. Basaglia a proposito scrive:

    « L'opaca impenetrabilità del corpo che noi avvertiamo e viviamo come la resistenza delle cose è, dunque, la precategorialità di cui parla Husserl, per il quale il corpo si dà come materia (impenetrabile, opaco, passivo) ma proprio nel suo essere tale è contemporaneamente una modalità del corpo-proprio di esperire la materia […] in me c’è dunque un'enigmatica qualità per cui la materia, costitutiva di me stesso, è — nel mio rapporto con le cose — il mio modo di esperire, la mia possibilità di vivere in mezzo all’oggettualità delle cose[12]»

    Basaglia approfondisce anche il concetto di epoché di Husserl, inteso come sospensione del giudizio sul mondo, sulla sua naturalità, ovvietà, per diventare, prima ancora che un oggetto a sé stante, un puro fenomeno di coscienza. L'epoché non è un annullamento del mondo che continua ad esistere, ma si configura come spostamento dello sguardo dal mondo a come il mondo si presenta alla coscienza, o come, quest'ultima, si protende nel mondo.

    Influenza del pensiero esistenziale

    Negli anni '50, Basaglia entra in contatto anche con l'Esistenzialismo di Martin Heidegger, da cui riprende la tesi ontologica della struttura fondamentale dell'esserci come essere-nel-mondo (In-der-Welt-sein).
    La Daseinsanalyse permette la comprensione delle modalità con le quali si manifesta nel mondo l'essere umano, sia esso sano o malato. Superando la visione dualistica soggetto/oggetto, la Daseinsanalyse permette di sciogliere l'incomprensibilità della malattia mentale, mettendo sullo stesso piano di possibilità tutte le modalità esistenziali, abolendo la distinzione normativa sano/malato di matrice positivista. Si sposta l'attenzione ormai in maniera definitiva dall'osservazione e catalogazione delle manifestazioni sintomatologiche del malato, all'indagine delle modalità con le quali la persona sofferente esprime se stessa nel mondo.
    Secondo Heidegger l'essere dell'uomo come essere-nel-mondo consiste nel prendersi cura (Sorge) delle cose e degli altri. Il prendersi cura è dunque l'essenza dell'esistere umano. L'uomo è legato alla finitezza dei suoi bisogni e dei suoi progetti, non conosce la sua origine e non sa la sua fine. Egli deve imparare a convivere con il nulla, con il non senso radicale della vita. Egli deve imparare a convivere con l’angoscia che tutto ciò implica.

    Influenza del pensiero di Minkowski

    Basaglia rielabora la visione del tempo proposta da Eugéne Minkowski, partendo dalla concezione della durée (durata) di Henri Bergson.
    Minkowski esamina la vita alla stregua di un flusso e polemizza con la considerazione che vuole accostare il tempo ad una visione lineare attraverso una sua spazializzazione. Minkowski riflette sullo slancio vitale che, ponendo l’essere umano nei confronti della sua durata con lo sguardo rivolto verso l’avvenire (provenendo dal passato), fa sì che si possa sviluppare autenticamente quello che lui chiama contatto vitale con la realtà. Egli scrive:

    « Il contatto vitale con la realtà sembra rapportarsi ai fattori irrazionali della vita. I concetti ordinari, elaborati dalla fisiologia e dalla psicologia, quali stimolo, sensazione, riflesso, atto motorio ecc., le passano accanto senza raggiungerla, senza nemmeno sfiorarla. […] Il contatto vitale con la realtà riguarda molto di più il fondo stesso, l’essenza della personalità vivente nei suoi rapporti con l’ambiente. E questo ambiente, ancora una volta, non è né un insieme di stimoli esterni, né di atomi, né di forze o energie; è un’onda mobile che ci avvolge da ogni parte e che costituisce il mezzo senza il quale non potremmo vivere[13]»

    Per Minkowski la caratteristica principale dello schizofrenico è proprio «la mancanza di contatto vitale con la realtà». Il contatto vitale con la realtà si configura dunque come un flusso. Come per Binswanger, secondo Minkowski chi soffre di disturbi mentali subisce la fossilizzazione del proprio flusso temporale che si riduce ad essere una sosta continua in un presente costante e sempre attuale.
    Altro tema che affascina Basaglia è la riflessione sulla simpatia. Questa è essenziale perché si verifichi l’autenticità del contatto vitale con la realtà:

    « La simpatia non potrà essere istantanea, vi è sempre in essa della durata, e in questa durata vi sono due divenire, i quali, in perfetta armonia, fluiscono l’uno accanto all’altro. Così facendo essi si penetrano tanto intimamente che, anziché ammettere l’esistenza di un sentimento che quasi per risonanza evocherebbe un sentimento analogo in un altro individuo, si sarebbe piuttosto inclini a considerarlo un sentimento solo che, pur restando uno, si integri in due vite individuali diverse. Si tratta qui di vera partecipazione[15]»

    Così come la comprensione, la simpatia (e con essa la partecipazione) ha bisogno di chiarire la propria appartenenza al tempo e al flusso del divenire (la tensione verso l’avvenire in particolar modo), inteso come una durata costante, per nulla lineare e per nulla spaziale, in cui si accetta silenziosamente la linea tendenziale di uno scorrere frammentato eppure continuo, peculiare e denso dei rimandi che ad esso provengono dal mondo tutto, quello spaziale e quello temporale. L'incontro profondo, sintonico, tra medico e paziente, su cui si fonda il metodo di Minkowski, promuove un atto di conoscenza: quella che il medico acquisisce della struttura del malato e la consapevolezza che il malato acquista di sé.
    Basaglia fa proprio il metodo di Minkowski, dichiarando di preferirlo ad un'indagine psicoanalitica o ad una “logoterapia”, poiché si propone di osservare l'individuo nella sua globalità e perché considera la cura un tentativo di ricondurre la persona alle sue piene possibilità esistenziali. L'opera dello psichiatra dunque non si esaurisce nell'atto medico di affrontamento dei sintomi e risoluzione della sofferenza, ma si sviluppa in tutti i tentativi possibili per consentire alla persona che è di fronte di ritornare nell'ambiente sociale dal quale in passato è stata esclusa.

    Influenza del pensiero di Merleau-Ponty e J.P. Sartre

    Dalla seconda metà degli anni cinquanta fino agli ultimi scritti il pensiero di Basaglia è stato fortemente influenzato da Merleau-Ponty e Jean-Paul Sartre. La rivista da loro fondata Les Temps Modernes e i loro due testi principali, Fenomenologia della percezione (1945) e L'essere e il nulla (1945), sono i capisaldi della formazione di un'intera generazione di psichiatri di quegli anni, e testi continuamente citati negli scritti dello stesso Basaglia. Lo psichiatra non solo studia Sartre, ma lo incontra in più occasioni, non nascondendosi la reciproca stima.
    In questo periodo la preoccupazione principale di Basaglia è il recupero dell'entità corporea, dando nuovo valore al corpo custodito all'interno delle istituzioni manicomiali. Egli adotta la nozione di corpo vissuto che caratterizza il pensiero di Sartre. Per Sartre si scopre il proprio corpo come oggettività, datità, fattità, corpo per altri, esposto allo sguardo degli altri, ma anche come soggettività mai completamente oggettivabile: corpo per me, grazie al quale si è situati in un mondo, si esiste in un mondo. Nel suo testo L'essere e il nulla, Sartre distingue la coscienza, il per-sé, dal mondo, l’in-sé, e mostra come questa sia sempre coscienza di qualcosa. Pur essendo sempre nel mondo, nell’essere in sé, è radicalmente diversa da esso, è possibilità, è libertà. Pertanto l’uomo, una volta gettato nella vita, è responsabile di tutto ciò che fa e progetta. L’uomo deve scegliere, deve scegliersi, ma l’esperienza della libertà incondizionata, del nulla, genera angoscia. Spesso egli tenta di sfuggire a questa ansia, illudendosi di essere all’interno di un mondo razionale o cercando sicurezze attraverso finalismi e valori trascendenti. Oppure è condannato a convivere con questa situazione di fatto, con la sua “fattità”.
    Per quanto riguarda più strettamente l’analisi del corpo, non sono da trascurare i riferimenti a Maurice Merleau-Ponty che, a differenza di Sartre, è rimasto più vicino alla matrice fenomenologica dell’esistenzialismo. Il filosofo non condivide la rigida distinzione sartriana tra corpo per sé e corpo per altri e neppure l'antitesi tra per sé e in sé, in quanto si rischia di ricadere nel dualismo di matrice cartesiana. Secondo Merleau-Ponty uomo e mondo non possono mai distinguersi nettamente, il loro intrecciarsi è complesso e ambiguo. Questa complessità ed ambiguità, è rispecchiata proprio dal corpo, che è il mezzo per avere un mondo. Tale ambiguità mostra, infatti, come la libertà possa esistere ma sia condizionata, proprio perché l'essere umano è mescolato al mondo e agli altri in una confusione inestricabile. Questa è la situazione naturale per l’uomo ed egli deve accettarla, senza tentare di superarla, per essere libero. Basaglia afferma che il corpo non è “soltanto oggetto complementare alla soggettività dell’io, ma rappresenta, come dice Merleau-Ponty, l’esperienza più profonda ed insieme la più ambigua delle percezioni: proprio questa ambigua bipolarità del corpo, contemporaneamente presente e dimenticato, soggetto e oggetto delle percezioni, fa dell’esperienza corporea la più fragile delle esperienze.”

    Altri testi fondamentali
    Nel 1961 vengono pubblicati altri tre libri fondamentali per gli sviluppi successivi del pensiero di Basaglia:

    Rielaborazione originale

    Studiando questi filosofi Basaglia prende sempre più coscienza che gli insegnamenti dei diversi modelli si integrano nella concezione della dimensione corporea come prioritaria, sulla quale il lavoro della psichiatria deve affondare i propri strumenti, proprio in ragione della natura specifica del corpo stesso.
    Egli matura l'urgenza di migliorare la gestione e la custodia dei malati mentali. Da questa analisi teorica parte la critica radicale dell'istituzione del manicomio, come luogo di emarginazione e non di cura, e il perentorio mandato di ridare dignità al malato in quanto persona, fuoriuscendo dall'etichettamento della malattia.

    « Dal momento in cui oltrepassa il muro dell'internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale ([...]); viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. Se la malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell'individualità, della libertà, nel manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell'internamento. L'assenza di ogni progetto, la perdita del futuro, l'essere costantemente in balia degli altri senza la minima spinta personale, l'aver scandita e organizzata la propria giornata su tempi dettati solo da esigenze organizzative che – proprio in quanto tali – non possono tenere conto del singolo individuo e delle particolari circostanze di ognuno: questo è lo schema istituzionalizzante su cui si articola la vita dell'asilo.[17] »
    (Franco Basaglia, 1964)

    Basaglia si convince che il folle ha bisogno non solo delle cure per la sua malattia, ma anche di un rapporto umano con chi lo cura, di risposte reali per il suo essere, di denaro, di una famiglia e di tutto ciò di cui anche i medici che lo curano hanno bisogno. Insomma il folle non è solamente un malato, ma un uomo con tutte le sue necessità. Trattato come uomo, il folle non presenta più una "malattia", ma una "crisi", una crisi vitale, esistenziale, sociale, familiare che sfugge a qualsiasi "diagnosi" utile solo a cristallizzare una situazione istituzionalizzata.
    Basaglia si occupa da psicopatologo della malattia mentale con la preoccupazione di salvaguardare la soggettività del malato di fronte alla violenza del sapere psichiatrico e di riscoprire la dimensione più misteriosa, e dunque più particolare, dell'essere umano. La follia non è malattia. L'analista deve restare in ascolto dell'altro e spogliarsi d'ogni certezza, per poter far questo, avverte sempre più pressante la necessità di operare una sospensione, una epoché, di tutte le categorie sclerotizzate per poter ridare parola al paziente. Il pensiero esistenziale e fenomenologico eviscerato in questi anni di studio gli dà anche un'altra certezza: non si può trasformare il mondo senza trasformare se stessi, senza esporsi al rischio di diventare altri da ciò che si è.

    Riconoscimenti

    A Franco Basaglia è intitolata la biblioteca comunale del Municipio XIX a Primavalle (Roma)[18] ed il parco pubblico in cui sorgeva l'Ospedale psichiatrico di Gorizia

    Bibliografia

    • Franco Basaglia, Scritti I, 1953-1968. Dalla psichiatria fenomenologica all'esperienza di Gorizia, Torino, Einaudi, 1981.
    • Franco Basaglia, Scritti II, 1968-1980. Dall'apertura del manicomio alla nuova legge sull'assistenza psichiatrica, Collana: Paperbacks, Torino, Einaudi, 1982. ISBN 88-06-52670-7