lunedì 31 ottobre 2011

OPG

OPG, acronimo di Ospedale Psichiatrico Giudiziario e che detta in soldoni è il manicomio criminale. In Italia i manicomi criminali esistono dall’800, gli OPG risalgono al 1975 e dopo la legge 180, questi costituiranno l’unica struttura nata per la diagnosi e la cura sia degli ex degenti manicomiali sia dei nuovi utenti psichiatrici. A oggi gli OPG in Italia sono sei e ricoprono il territorio da nord a sud, ma la loro funzione non è chiara, poiché svolgono sia il ruolo di ospedale sia di carcere; tale situazione ibrida si ripercuote come sempre sugli utenti e sull’organizzazione delle strutture stesse che non hanno un ruolo ben definito e di conseguenza un piano da attuare.

Chi popola gli OPG?
Gli utenti degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari sono i  prosciolti per vizio totale di mente, gli imputati colpiti da malattia mentale durante giudizio, gli  imputati sottoposti a perizia psichiatrica e  i condannati con vizio totale o parziale di mente.  Possono rientrare nella categoria di possibili ospiti degli OPG anche gli schizofrenici, gli etilisti con deterioramento  e coloro che hanno  disturbi di personalità  e insufficienza mentale con disturbo psicotico. Cosa significa tutto questo, chi sono costoro?
Farò di seguito una digressione giuridica e psichiatrica per rendere comprensibile anche al lettore meno avvezzo all’argomento ciò che risulta ostico e ambiguo anche a noi addetti ai lavori.
 L’articolo 88 del nostro codice penale recita quanto segue: vizio totale di mente: non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere.
Cosa significa capacità di intendere e di volere? L’articolo 85 del codice penale afferma: nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso non era imputabile. E’ imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere. L’imputabilità nel diritto penale è la condizione sufficiente ad attribuire a un soggetto l’azione penale e a mettere in conto le conseguenze giuridiche, ad essa è correlata la capacità del soggetto di intendere e volere nel momento in cui sta commettendo il reato. Imputabilità e capacità di intendere e volere a loro volta sono connesse con il concetto di responsabilità e ancora una volta faccio ricorso al diritto penale. L’articolo 42 del codice penale asserisce: nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà.
Il vizio parziale di mente è riconducibile all’articolo 89 del codice penale  che descrive tale condizione come quanto segue :chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere, risponde del reato commesso, ma la pena è diminuita.
La perizia psichiatrica consiste in un resoconto redatto da un consulente psichiatra al quale viene richiesto, nell'ambito di un processo penale, di appurare la capacità di intendere e di volere dell'imputato, o la sua capacità di sostenere il processo, o ancora il suo stato di salute psichica. La perizia psichiatrica è destinata a tutti i soggetti nei confronti dei quali sorgono dubbi, durante un procedimento giuridico, sulla presenza o meno di una psicopatologia. Il giudice, in questi casi,  può servirsi della perizia di uno psichiatra che valuterà la capacità dell’imputato. Qualora la perizia psichiatrica rilevi infermità psichica il giudice ordinerà il ricovero in un Ospedale Psichiatrico Giudiziario per un tempo non inferiore a due anni. Ciò è riferibile all’articolo 222 del codice penale il quale propone: Ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario. Nel caso di proscioglimento per infermità psichica, ovvero per intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per sordomutismo, è sempre ordinato il ricovero dell’imputato in un ospedale psichiatrico giudiziario per un tempo non inferiore a due anni; salvo che si tratti di contravvenzioni o di delitti colposi o di altri delitti per i quali la legge stabilisce la pena pecuniaria o la reclusione per un tempo non superiore nel massimo a due anni, nei quali casi la sentenza di proscioglimento è comunicata all’autorità di pubblica sicurezza. La durata minima del ricovero nel ospedale psichiatrico giudiziario è di dieci anni, se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena di morte o l’ergastolo, ovvero di cinque se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena della reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a dieci anni. Nel caso in cui la persona ricoverata in un ospedale psichiatrico giudiziario debba scontare una pena restrittiva della libertà personale, l’esecuzione di questa è differita fino a che perduri il ricovero nell’ospedale psichiatrico . Le disposizioni di questo articolo si applicano anche ai minori degli anni quattordici o maggiori dei quattordici e minori dei diciotto, prosciolti per ragione di età, quando abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato, trovandosi in alcuna delle condizioni indicate nella prima parte dell’articolo stesso. La Corte costituzionale, con sentenza 27 luglio 1982, n. 139, la Corte cost. ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non subordinano il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario dell’imputato prosciolto per infermità psichica al previo accertamento da parte del giudice della cognizione o della esecuzione della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima al tempo dell’applicazione della misura. La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l’ergastolo.
La schizofrenia è una malattia mentale che si manifesta con deterioramento progressivo della personalità, con tendenza a estraniarsi dalla realtà, con deliri e allucinazioni. L’etilismo altro non è che l’alcolismo e il disturbo psicotico consiste nel distacco da parte di un soggetto dalla realtà e dall’ambiente circostante. Il soggetto in questione trova difficoltà a iniziare o portare a termine una qualsiasi attività dovuta a una compromissione dell’esame della realtà. 
Bisogna infine tener conto della pericolosità sociale di un individuo, questa è la probabilità, indipendentemente dalla capacità di intendere e di volere di un soggetto, di commettere nuovamente il reato per il quale è stato perseguito.
Medici, consulenti psichiatrici, agenti di polizia penitenziaria, educatori, psicologi a consulenza e assistenti sociali ne costituiscono il personale lavorativo.

Le realtà degli utenti  OPG sono angoscianti e dolorose ed è difficile che questi siano recuperati e rimessi in libertà; c’è da dire inoltre, che è molto semplice rientrare nella categoria di utente di OPG, è sufficiente, infatti, macchiarsi di un reato lieve.  Negli OPG italiani, attualmente si annoverano 1200 utenti, i quali sono soggetti con disturbo psichiatrico che hanno commesso dei reati in casa, non di forte entità.  Le famiglie,  non riuscendo a  gestire tali soggetti, fan si che questi  entrino nel vortice della detenzione, che il più delle volte è reiterata non per comportamento deviante, ma per mancanza di strutture di accoglienza. Tali pazienti, essendo rifiutati dalle famiglie e mancando strutture alternative, continuano la loro vita negli OPG.
Un po’ di storia
Per  comprendere al meglio tale situazione è doveroso fare un passo indietro e ricalcare le pagine della nostra storia giuridica che può, seppur in minima parte, renderci chiaro, o almeno noto, il perché di tanta confusione. Nel momento in cui fu emanata la legge 180, questa non riguardava gli OPG, tuttavia in Italia c’era il pericolo di un referendum che avrebbe determinato un vuoto legislativo che l’ Italia non poteva permettersi.
La legge 180 riguarda la presa in carico degli utenti psichiatrici, non fa cenno agli OPG, ma da una generale riforma dei servizi sanitari nazionali del 78 furono estrapolati gli articoli della legge 180 per impedire che un referendum abrogasse il tutto. Il referendum era previsto per giugno, la legge 180 fu approvata in maggio, ma per quanto fosse sulla carta un elemento di tutto rispetto per la natura della riforma che chiedeva in se, nella pratica questa non fu mai e tuttora non lo è, messa in atto. Bisogna ricordare inoltre, l’esistenza di una legge in parlamento che avrebbe permesso la confluenza degli OPG nel sistema sanitario e non in quello penitenziario del Ministero di Grazia e Giustizia e che avrebbe potuto usufruire dei benefici, della legge 180, già al 1974; ciò non è stato e soprattutto la legge 180 non ha avuto la giusta rilevanza e messa in pratica. Gli OPG,infatti, fanno capo ancora al Codice Rocco del 1930, periodo in cui la malattia mentale era ancora vista come un qualcosa di incurabile, di oscuro e da allontanare dalla società, tutto ciò era maggiormente acutizzato e reso infernale se il soggetto malato commetteva un reato. In quel caso alla infermità si accompagnava  il reato di pericolosità sociale previsto dall’articolo 203 del nostro codice penale:  è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti previsti come reati, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati. Tutto questo groviglio piano piano lo si sta superando grazie alle migliori conoscenze che riguardano la malattia mentale, al reo infermo non è più legato in automatico il concetto di pericolosità sociale e soprattutto grazie alle cure farmaceutiche si possono fare tante cose e soprattutto reinserire il soggetto nella società. La strada ovviamente è ancora molto lunga, basti pensare a quanto la legge 180 trovi difficoltà per la sua messa in pratica, figuriamoci per un soggetto malato e reo. Il concetto di vizio di mente sta subendo anch’esso la sua riduzione, la difficoltà italiana è quella di mantenere ancora il soggetto che ha commesso un reato ed è incapace di intendere e di volere nelle briglie della giustizia e non in quello della sanità, avendo appunto ancora l’OPG come referente il Ministero di Grazia e Giustizia e non quello della Sanità, sebbene sia stato emanato un DPCM, Decreto del Presidente del Consiglio in cui si promulga”il trasferimento delle competenze sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse e delle attrezzature e dei beni strumentali” dalla Sanità Penitenziaria al Servizio Sanitario nazionale. Lasciando al DAP, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria e alla Magistratura la competenza di sicurezza. Di questo e della sua mancata applicazione vi parlerò al nostro prossimo incontro. Oggi ho la fortuna di interagire con questi utenti e posso evidenziare con molto disappunto quanto la società in cui viviamo releghi costoro a non più di un elemento di disturbo e di disagio. Ci sono ancora degli enormi impedimenti che permettono loro il reinserimento in società, ciò che fa ancora più male è osservare quanto spesso l’impedimento derivi dagli addetti ai lavori che si lasciano influenzare dal giudizio e dal timore. E’ ampiamente risaputo che l’utente psichiatrico apra le nostre parti oscure, sia il riflesso di quanto ognuno di noi vorrebbe celare a se stesso, tuttavia l’auspicio è che possa esserci ben presto una ventata di buon senso che apra le nostre menti e ci permetta di ridare a tali soggetti la dignità di una vita migliore. 

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